Elisabetta Vendramini nacque il 9 aprile 1790 a Bassano del Grappa(VI) in una famiglia benestante, settima di dodici figli.
All'età di sei anni venne affidata alle monache agostiniane in Bassano dove ricevette una adeguata istruzione e una formazione religiosa e morale.
Ritornata in famiglia all'età di 15 anni si distinse per la spensieratezza e le doti nelle conversazioni salottiere, in piena sintonia con l'esplodere della sua giovinezza.
Mentre Elisabetta si preparava alle nozze con un giovane ferrarese il 17 settembre del 1817, avvertì chiaramente la chiamata a consacrarsi al Signore: "Vuoi tu salvarti? Va' ai Cappuccini".
Dopo sette anni di permanenza non facile ai Cappuccini, nel gennaio 1827, Elisabetta per interessamento del fratello Luigi commissario di polizia a Padova, fu assunta come prima maestra all'Istituto degli Esposti di Padova.
Il contatto con i bambini abbandonati e il degrado morale del quartiere fece maturare in Elisabetta l'intuizione avuta a Bassano: dare vita a una comunità di terziarie regolari a servizio dei più poveri.
Il 10 novembre del 1828, Elisabetta sotto la guida di don Luigi Maran, con due sorelle, Felicita Rubotto e Chiara Der, diede inizio, alle famiglia delle suore terziarie francescane elisabettine in una povera soffitta che lei chiamerà splendida reggia della santa povertà.
Dopo alcuni giorni aprì la casa alle fanciulle della contrada degli Sbirri, per educarle e istruirle.
Gli inizi per Elisabetta e le sue prime sorelle furono contrassegnati da altissima povertà dalla quale nacque una profonda fiducia nella Provvidenza che, peraltro, rispondeva puntualmente alle richieste, anche le più temerarie tanto che Elisabetta poté scrivere: "Abbiamo intesa la cura che Dio si prendeva di noi".
Nel 1833 le prime quindici suore, riunite nel primo Capitolo della famiglia terziaria, elessero la Fondatrice come superiora generale, carica che le fu confermata, di triennio in triennio, fino alla morte.
Forte dell'intuizione per cui "la messe nostra è di istruire e cavar anime dal fango" Elisabetta iniziò ad accogliere alcune richieste di servizio alla fascia dei più poveri in Padova: accettò l'istruzione delle giovani povere della Casa d'Industria, l'istruzione delle orfane nel Ricovero Beato Pellegrino, l'educazione dei piccoli nei primi asili fino all'assistenza agli anziani al Ricovero "Santi Giovanni e Paolo" a Venezia.
Elisabetta Vendramini morì a Padova all'alba del 2 aprile 1860, lunedì santo.
Negli ultimi istanti, invocando "Gesù, Maria e Giuseppe", il suo volto parve illuminarsi, quasi già immerso nella beatitudine del Cielo.
I suoi funerali, celebrati nella parrocchia del Carmine in Padova furono il trionfo della sua carità verso l'uomo bisognoso: con le autorità cittadine vi erano i suoi poveri, gli anziani del Ricovero, le orfane, le suore.
Le sue ossa al momento della esumazione, per un banale ritardo nelle comunicazioni, furono confuse nella fossa comune.
Alla sua morte lasciò più di un centinaio di religiose operanti in Padova e Venezia, quasi tracciando un solco ricco di semi che lentamente sarebbero germogliati.
Il 4 novembre 1990 la Chiesa riconobbe la eroicità delle virtù di Madre Elisabetta Vendramini e la proclamò beata proponendola a tutto il popolo cristiano come esempio di amore ardente a Dio e di generosa carità verso il prossimo.
La festa liturgica della beata Elisabetta Vendramini si celebra il 27 aprile.